lunedì 29 settembre 2014

il cellulare

il mio povero cellulare, 7 anni di vita portati benissimo, ha iniziato a dare forfait.
O meglio, il touchscreen ha iniziato a fare le bizze, e quindi dopo settimane di insulti e litigate con l'elettronico pezzo di plastica, ho deciso di chiedere a mio padre per un cellulare nuovo.

Lui: "Ottimo! Tieni questo" cioè il suo Galaxy s4 "così mi posso prendere l'ultimo...".

Ho come la sensazione che non aspettasse altro..

Seya


PS: l'idea di avere un cell che si collega a internet mi mette ansia..

giovedì 18 settembre 2014

Le due vie del destino - the railway man

Colin Firth non ne sbaglia una.
Okay, è uno dei miei attori preferiti, ma non sono di parte se dico che anche nel suo ultimo film dà una interpretazione magistrale di un veterano di guerra inglese in piena crisi post trauma.

La storia è scontata ma poco conosciuta, ovvero il tema trattato (la costruzione della ferrovia nel sud est asiatico da parte dei prigionieri inglesi, sotto la mano dura dei giapponesi) è poco conosciuto, per me proprio sconosciuto, però la trama si scopre facilmente già dalle prime battute.

No vi svelo come si svolge la storia perchè vi lascio il piacere di godere dell'arte di Firthe colleghi, mi soffermo invece a sottolineare quanto mi sia piaciuta la fotografia e quanto abbia apprezzato la scelta del tema.

Con una tematica, la Seconda Guerra Mondiale, trita e ritrita, si è riusciti a estrarne una visione nuova e insolita. Il fronte asiatico (che personalmente non ho mai nè studiato nè sentito) e le sue difficoltà, i prigionieri di guerra considerati schiavi per costruire quella che adesso è una realtà: la grande ferrovia.
A questa ambientazione storica, si è sovrapposta una storia reale e si è scavato nell'anima di un soldato giovane e sognatore che, in seguito alle torture e alle privazioni subite, è diventato un uomo silenzioso e tormentato.
La ricerca di risposte e di una vendetta, l'amore di una brava donna, il supporto di un amico, condiscono il tutto di quei temi universali e cari ai più.

Bello, vale il prezzo del biglietto!

Buona visione!



Seya

giovedì 11 settembre 2014

teoria o pratica?

Leggevo 10 minuti fa un intervento di Saviano sull'Espresso sulla riforma della scuola.
Premesso che non ho capito quasi nulla della riforma, uno dei concetti che condivido con Saviano è "Non sapevo cosa fare, così ho fatto una riforma della scuola".

Io sono uscita dal Liceo appena in tempo per salvarmi dalla Moretti e ho visto da fuori tutte le successive modifiche. 
Adesso che lavoro (cioè, finche non finiscono lo stage e la stagione in aeroporto) mi rendo conto quanto sia limitata la formazione che ho ricevuto. Non parlo solo di Liceo, ma anche di università.

O meglio, non limitata, quanto piuttosto bah, non saprei neanche come definirla!

Lavorando in aeroporto mi rendo conto che alla gente con cui comunico in lingua poco (più o meno dai) interessa che io usi una perfetta consecutio temporum o che la mia pronuncia sia oxfordiana. Cose su cui invece ho perso ore e ore sui banchi di scuola e università, quando avrei piuttosto avuto maggior bisogno di ampliare il lessico.
Lavorando qui in stage, mi rendo conto che non interessa a nessuno che io programmi in 25 linguaggi diversi o che abbia fatto certificazioni informatiche diverse.
Qui usiamo Excel (non una versione Pro, ma proprio quello casalingo!) per l'ottanta percento del tempo.
Alla faccia della modernità e dell'efficienza lavorativa!
Che poi io stia lavorando con dei metodi preistorici, va beh, è questo posto che funziona ancora a pennino e carta lavorata a mano.
E la cosa che mi fa arrabbiare, è che ai colloqui o sugli annunci di lavoro ti chiedano tutte queste abilità e certificazioni, che poi non ti aiuteranno minimamente.
Mi rendo conto che l'esperienza pratica è assolutamente necessaria.

Le riforme, i progetti scolastici e tutte le menate sono importanti e indispensabili ma per lavorare servono stage e periodi sul fronte lavorativo. 
C'è tutta una generazione che arriva a 27 anni, senza aver mai portato una pizza ad un tavolo o presentato una fattura a un commercialista.
La maggior parte dei miei amici sono tra questi.
E non capiscono me che mi nego alle uscite perchè sonoo stanca dopo 8-9 ore di lavoro.

Bisorrebbe dare fondi e strutture per uniformare il sistema scolastico ma poi buttare soldi nella produzione, perchè limitandosi a riformare la scuola e facendo sentire i ragazzi mai abbastanza qualificati (Dio solo sa quante volte mi hanno fatto sentire un'idiota ignorante), li costringerai ad uscire da questo paese.

Non capisco se sono solo io a pensarla così.

Se potessi inventare la mia scuola ideale, ora come ora, sarebbe un mix equo tra praticità e problemi reali, e la meraviglia storica, artistica e letteraria.
Perchè ..

"O frati", dissi "che per cento milia 
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'e' del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". 



Seya

PS: in onore di Mela, sto rileggendo i Viceré!

lunedì 8 settembre 2014

Io sono un gatto

Il romanzo è stato scritto nel 1905 in Giappone da Natsume Soseki e ha per protagonista un gatto che vive in casa della famiglia di un insegnante di inglese.

La storia non ha un vero e proprio filo conduttore od una trama che evolva nel tempo, però rappresenta lo spaccato della vita di inizio secolo scorso in un mondo completamente da quello vissuto in Europa.

Ci si muove in risciò o vetturine, si indossano kimono, si scrivono haiku e si recita il no.
O meglio, questo è quello che fa il padrone del gatto, strambo personaggio che si crede più colto e versatile di quanto sia in realtà.
Uomo di poche abilità ma tanti giudizi, il professore è circondato da una combricola di amici strani che gli fanno visita continuamente e alterano quelle che sono le sue certezze su una realtà in continuo mutamento.

Personalmente ho trovato la traduzione (non posso parlare diprosa, non avendolo io leto in lingua originale) un pò pomposa e pesante.

La storia è accattivante e il punto di vista anche, eppure finisce in secondo piano quando la palpebra ti cala per i ghirigori stilistici inseriti.
Che poi, 'sto gatto, sarebbe da fargli fare un viaggio di sola andata per Vicenza in alcuni momenti.
(Visentin magna gati!).

Boh, provate a leggere e poi fatemi sapere!




Seya