giovedì 22 novembre 2012

La Madonna della Salute

Ieri mattina, sopo essere andata a lezione, mi sono seduta su una panchina di Campo Santa Margherita (Venezia) a leggere il libro del momento, Radici di Alex Haley.

Mentre Kunta Kinte si lamenta dei suoi Massa e delle strane abitudini dei taubog, intorno a me si dipanano le vicende di moltissimi veneziani e alcuni turisti, quelli non mancano mai.
Molti bambini a casa per la Festa della Madonna della Salute.
E quindi, finchè nasce Kizzy, alcuni bambini, allietati da n cielo ceruleo e limpido, fanno giocato con il frisbee.
Finché Kunta si lamenta della moglie, le nonne si trovano e si congratulano a vicenda di quanto siano belli i loro nipotini.
Infine, mentre Kunta medita l'ennesima fuga dal latifondo, le siore si dipanano tra i banchetti del piccolo mercatino dell'antiquariato di Campo San Barnaba.
In lontanaza un delizioso profumino avvisa che Tonolo, la pasticceria, sta sfornando le sue prelibatezze. O è Colussi?

E' stata una mattinata tranquilla e leggera, di quelle che non mi capitavano da una vita e che avrei voluto non finissero. Ma non era possibile, bisognava assolvere ai propri doveri.

Mi sono lanciata nella grande festa cittadine con le altre donne della famiglia (Mamma, Zia e Cugina) e insieme abbiamo degnamente festeggiato la Madonna, la Salute e tutti gli annessi e connessi.

Prima si mangia la castradina, una minestra tipica della festa fatta con verze e castrato di montone, utile perchè il grasso della carne, dopo 24h di bollore, aiuta gli ammalati, ma non la dieta.
Poi ci si dirige come in processione verso la Chiesa della Salute e si comprano le candele, o si riciclano quelle di Natale.
Infine si fa la coda e si entra in Chiesa, tanto per aiutare chi ha male ai piedi.

Insomma, si arriva con lo spirito giusto.

Si prega, si accende la candela (che dopo una decina di minuti viene spenta per consentire a tutti  di eseguire la pratica, e non dar fuoco alla chiesa) quindi ci si porta al centro della Chiesa, punto segnato sul pavimento con un tondo di pietra blu e "sul cielo" con la ghianda del lampadario, e si chiede la benedizione.
Questa parte io l'ho evitata. Io e la Vergine siamo d'accordo che, io faccio lo sforzo di entrare in Chiesa, lei mi solleva da altri obblighi religiosi.
Comunque, dopo aver adempiuto al proprio ruolo di cristiano, si esce dalla Sagrestia, ammirando i meravigliosi Tiziano esposti e bellamente ignorati, e si va alle bancarelle di cibo, in perfetto stile sagra, dove si mangiano ciambelle fritte e frutta secca caramellata.
La globalizzazione vuole che ora, sui banchetti, si trovino anche croccanti, cremini, ciambelle americane, paste di mandorle e specialità sicule.
Personalmente, preferisco la frittella gigante e bollente.
Si recupera un palloncino e si torna a casa.

Il tutto dura un paio di ore, non di più, eppure il continuo viavai di gente, di veneziani, fa capire che la città tutta si mobilita perchè è attaccata alle proprie tradizioni.
E non importa se per un giorno non si produce, se ci si prende ferie o permessi, se si va contro il modello tedesco. E' la nostra tradizione.
E va conservata.



Seya

PS: Ovviamente, dopo essere andata a farmi benedire, nel vero senso della parola, sono a casa ammalata con la febbre. C'è da farsi qualche domanda..

Nessun commento: