mercoledì 17 agosto 2011

trans e donne

I trans “donne all’ennesima potenza” perché lasciano in pace gli uomini?

di Maria Luisa Agnese

Sorprende l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo che, parlando con Repubblica della sua vicenda con i transessuali, la spiega così:
“Sono una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all’ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro, cercavo un sollievo legato alla loro femminilità. È il loro comportamento, non la loro fisicità, quello che le rende desiderabili”.
Sorprende questa esaltazione della femminilità attraverso una figura che Marrazzo considera accogliente per eccellenza. Abbiamo il massimo rispetto per chi ha fatto una difficile scelta di vita, e Almodovar ce ne ha raccontato la corposa umanità, tuttavia le parole di Marrazzo possono suonare stonate: quasi una provocazione per tante donne, mogli e madri, che si vedono scavalcate e umiliate nel loro ruolo. Infatti, nonostante l’apparente mitezza dei toni, il ragionamento di Marrazzo sembra voler indicare che la vocazione della donna “all’ennesima potenza” è solo quella di confortare, e sembra voler dire alle donne contemporanee di non essere adatte a vivere questa “vocazione”. Avvertendole che, se non son capaci loro di essere nutrici e vestali del riposo guerriero, l’uomo può cercare altrove.
Colpisce in modo negativo che si esalti un’idea della donna – la donna–geisha – che non pone problemi e non interloquisce e per ciò stesso risulta rilassante. Meno impegnativa per l’uomo guerriero della donna-compagna con cui sostenere un rapporto dialettico. E infatti: “È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante. Avevo bisogno di suonare a quella porta, ogni tanto, e che quella porta si aprisse”, sono sempre parole di Marrazzo.
Insomma, la sua esaltazione della femminilità sembra più che altro votata all’autodifesa. Anche se dice di amare le donne – alle quali nell’intervista rivolge continue scuse – e di amarle così tanto da cercarle anche nei trans (in versione riposante), non approfondisce mai il rapporto con loro: è più preoccupato di ribadire la propria identità di maschio, più preoccupato di dire ai maschi io sono uno di voi, io anche là in quella stanza ero uno di voi. Sembra parlare ai maschi – i maschi che teme lontani e disturbati dall’omosessualità – per riconquistare il loro rispetto.
E voi, geishe o compagne, e voi guerrieri stanchi, che ne pensate delle donne all’ennesima potenza che lasciano in pace gli uomini?



Non voglio dire niente su Marrazzo e su quello che è successo. Mi dà solo fastidio quanto leggo. Ho come la sensazione che l'autrice dell'articolo vada volontariamente a cercare la polemica. Poi magari ha ragione, però non mi sembra che le parole siano così denigratorie come vuole farci pensare.
Se gli piacciono i trans, vabbé! Che sarà mai!
Se le trova più femminili delle donne vere, boh, forse avrà ragione. Forse hanno una considerazione di loro stesse come donne che a molte femmine manca.
Ciò non significa che io mi senta umiliata o "sorpassata".
Forse sbaglio io, ma la sensazione è questa...

Seya

2 commenti:

Vis ha detto...

Io ritengo che una buona sessualità consista nella capacità di integrare il proprio desiderio nelle infinite incarnazioni che il desiderio produce e sollecita. Il vero dramma è non conoscere il proprio desiderio, dove e su chi orientarlo. Chiaramente il proprio desiderio non DEVE offendere la persona verso cui ci si indirizza. Consapevolezza e libertà.
La posizione dell'autrice dell'articolo è tipicamente femminista: il caso del giornalista un'ulteriore riprova della forte identità di genere maschile.
Penso sia necessario andare oltre.

seya ha detto...

Concordo.

Ho come la sensazione che il protagonista dell'articolo non conosca il proprio desiderio o, piuttosto, abbia paura di esprimerlo. La paura dell'omossessualità come perversione e del rapporto con i trans come ulteriore condanna sociale. Siamo terrorizzati da quello che non capiamo e che non accettiamo. E tutti ne siamo afflitti.
La paura dell'autrice, infatti, si traduce in un femminismo inutile, a mio avviso.

Seya