lunedì 13 febbraio 2012

san valentine's story

Non ho voglia di parlare di quanto mi senta giu` di corda per gli esami, felice per la laurea di Angioletto o triste per questo San Valentino on my own.
Ho voglia di una bella storia. Una di quelle schifosamente felici e dannatamente zuccherose. Una di quelle che si pensa esistano solo nei film o nei libri ma che, in realta`, a volte capitano anche ai comuni mortali.

Era appena finita la Grande Guerra.
Tre ragazze, tre sorelle, tutte nate durante il grande conflitto, giocavano nei circoli creati dal Partito Fascista e facevano amicizia con altri bambini del paese e delle campagne vicine.
Era la provincia padovana, vicini al Rovigino, in mezzo ai Colli Euganei e in un punto di incontro tra lingue dialettali, culture e tradizioni diverse.
Oltre al salto della corda e le battaglie con le biglie, si divertivano ad andare in giro per i fossi a raccogliere cardi, erbe di campo e ortiche che poi portavano a casa dalla madre, che amava cucinare e preparare grandi pranzi per la famiglia.
Erano ragazze colte per l'epoca e molto garbate.
Il padre aveva per loro sogni di splendore che però non avrebbe mai potuto vedere.
Il dissenso contro il Fascismo era pericoloso e l'uomo lo imparò a sue spese, morendo dopo alcuni mesi di Confino sugli Appennini.
La madre si rese allora conto di non poter mantenere le figlie da sola e queste furono costrette a lavorare: la maggiore come segretaria in uno degli uffici locali dell'Enel, la seconda come insegnante di Matematica alla scuola del paese, la terza come segretaria in un'officina locale.
Gli anni passarono e scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e, seppur fedeli ad  un antifascismo convinto e di lotta, le donne cercarono di far passare gli anni di guerra e i successivi nel modo più tranquillo possibile. Purtroppo per loro, essere donne ed essere sole, le rendeva più in periocolo rispetto ad altre famiglie.
La guerra passò ma le dificoltà non scemarono.
La più giovane delle figlie era molto apprezzata dai suoi capi che le permisero un giorno di dattilografare un importante incontro d'affari.
Durante questo incontro conobbe Lui.
Mario era un uomo serio, introverso e molto silenzioso. Aveva una cultura squisita, acquisita per la maggior parte in Francia dove aveva studiato per diversi anni, parlava tranquillamente il tedesco ed aveva partecipato alla Ritirata di Russia, esperienza che aveva segnato definitivamente il suo già cupo carattere.
Però era molto bello e la giovane se ne innamorò a prima vista, senza però far trapelare i suoi sentimenti per non arrecare disonore a se stessa nè all'uomo che portava la fede nuziale.
Mario, piemontese di origine, si trasferì con la moglie in paese e iniziò a frequentare spesso l'officina per lavoro.
Bianca, così si chiamava la ragazza, lo salutava regolarmente ogni volta che si presentava in officina e non faceva mai mancare il caffè, rigorosamente nero, per l'uomo.
Passarono molti mesi e nulla cambiò fino a quando, un giovedì mattina, l'uomo non si presentò.
Bianca tornò a casa in lacrime pensando che non lo avrebbe mai più rivisto.
La madre, ignara dei sentimenti della figlia, durante il pranzo informò le sue figlie della prematura scomparsa di una signora del posto.
Bianca trasalì sul colpo. Era la moglie di Mario, e infatti l'uomo si ripresentò in officina una settimana dopo senza fede e con il lutto al braccio.
Mario portò il lutto per alcuni mesi e Bianca continuò con grande discrezione a prendersi cura di lui fino a una sera quando, inaspettatamente, Mario le chiese di accompagnarlo a teatro.
La donna, che ormai aveva superato i trent'anni, non credette ai suoi occhi quando Mario le chiese di sposarlo e così, dopo nove mesi dalla morte della prima moglie di lui, si celebrò un matrimonio molto semplice e riservato in cui la donna, nonostante il nome, indossava un serio ma elegante vestito nero.
La coppia si dimostrò subito solida e molto unita.
Mario doveva viaggiare molto per lavoro e Bianca, lasciato il proprio impiego, lo accompagnava sempre volentieri.
Dopo un anno nacque una bambina, subito molto amata dai genitori, cui venne dato il nome della madre di lui.
Ma dopo la nascita della bambina sorsero dei problemi.
La donna rimase incinta spesso ma abortì tutte le volte, in mezzo a lacrime e dolore di entrambi i genitori. La bimba divenne sempre di più un gioiello, una principessa da coccolare, sempre e con calore.
Capitò poi che la Bianca riuscì a portare a termine una seconda gravidanza che però mise in pericolo le sue condizioni. Quando il medico chiese a Mario se volesse salvare la moglie o il figlio, l'uomo replicò subito che voleva la moglie ancora al suo fianco, anche se questo avrebbe significato perdere un probabile figlio maschio.
Una volta che Bianca si fu ripresa, i due ricominciarono a vivere la loro vita con la bimba, attenti che la donna non restasse nuovamente gravida, per non rischiare di dover prendere nuovamente una scelta tanto triste.
Estati al mare, inverni sulle montagne del Cadore, scuole private e macchine di rappresentanza riempivano la loro felice vita.
Passarono alcuni anni e Bianca rimase incinta per la nona volta, all'età di 42 anni.
Entrambi i genitori pensavano che la donna avrebbe abortito prima del terzo mese ma questo non accadde e la gravidanza giunse a termine.
Mario, preoccupato di dover sentire di nuovo domande difficili e scomode da parte del medico, decise di non partecipare al parto ed attese con la bimba al suo fianco che gli dessero notizie della moglie.
Nacque una seconda bambina, sana e paffutella, che i genitori chiamarono Cleo Maria Vittoria e che amarono molto.
Per il lavoro di Mario si trasferirono nelle Marche dove le bimbe poterono giocare sulla spiaggia e andare in barca, provando e sperimentando esperienze molto diverse.
Dopo pochi anni tornarono.
Mario era ormai in pensione e Bianca voleva riunirsi alle sorelle e alla madre.
Acquistarono una bifamiliare sui Colli e andarono a vivere tutti insieme.
La figlia più grande iniziò ad andare in Collegio mentre Cleo, ancora bambina, giocava nel piccolo giardino sotto lo sguardo attento del padre e quello amorevole della madre.
Passarono alcuni anni e Cleo compì 13 anni.
La madre la teneva molto vicina a sè, costringendola a studiare nel paese e non in città come la primogenita, ad accompagnarla in ogni occasione e a vivere sotto il tetto familiare mentre la primogenita aveva sempre vissuto nei Collegi migliori e si era trasferita a Padova per frequentare l'Università.
Una mattina Cleo accompagnò la madre e la nonna a fare la spesa e, tornando, passò davanti ad una scuola maschile davanti alla quale alcuni ragazzi chiacchieravano e cantavano.
Era il 1973.
Uno di questi ragazzi stava suonando una chitarra, incurante di poter dar fastidio a qualcuno. Tra un accordo e l'altro alzò gli occhi sulla strada e vide le tre donne, le tre generazioni, passare.
Le mani gli si bloccarono guardando la ragazzina e la bocca si spalancò.
Gli amici lo presero in giro e lui distolse gli occhi velocemente ma non prima di aver notato un sorriso a lui rivolto da parte di Cleo.
La ragazza, appena arrivata a casa, confessò al suo diario di aver visto un ragazzo a suo avviso bellissimo e di essersene innamorata immediatamente. Sogni di una ragazzina.
Qualche giorno dopo passò nuovamente davanti alla scuola, sperando di vederlo nuovamente, inutilmente.
Riprovò per diversi giorni ma non cambiò nulla.
Stava per dimenticarsi dell'esistenza del ragazzo quando, un pomeriggio, tornando a casa da scuola, lo vide sull'autobus.
Si riconobbero a vicenda immediatamente e si sedettero vicini, presentandosi e conoscendosi.
Silvano, questo il suo nome, era stato costretto ad iscriversi alla scuola pomeridiana per andare a lavorare la mattina e pagarsi gli studi.
Era un sognatore e un idealista. Parlava di cavalli, di campi di grano e di raccolte di angurie e ciliegie. Un mondo che Cleo non conosceva e a cui lui, nei successivi mesi, la introdusse con interesse e grande entusiasmo.
Cleo però era stata educata alla sincerità e al rispetto nei confronti dei genitori e dunque disse loro del ragazzo che aveva conosciuto.
Bianca e Mario chiesero di conoscere il ragazzo e si organizzarono per un pranzo insieme due settimane dopo, quando Mario sarebbe tornato da un breve viaggio in Francia e la primogenita sarebbe tornata per il finesettimana.
Ma Mario non tornò dal viaggio.
Il venerdì mattina prima della data di ritorno prevista, Bianca ricevette una telefonata dalla polizia francese e la primogenita, l'unica che parlava la lingua fu costretta in fretta a tornare a casa e a rispondere alle successive chiamate.
Lei fu costretta a comunicare alla madre e alla sorella la morte del padre, nell'albergo in cui alloggiava, per un malore notturno.
Molte lacrime e molti soldi furono spesi per riportare Mario a casa e dargli sepoltura.
Il lutto fu lungo e molto doloroso e la primogenita, forte della sua anima cittadina e delle idee femministe che seguiva e sbandierava con forza, convinse la madre e la sorella a trasferirsi in città con lei.
E così fu.
Cleo comunicò la notizia a Silvano, immaginando che quello avrebbe significato che non si sarebbero mai più rivisti, e, infatti, per molti mesi solo le lettere li tennero vicini, soprattutto durante il periodo di leva militare che costrinse il ragazzo a trasferirsi a Roma per un anno.
Poi, per il suo sedicesimo compleanno, Cleo ricevette a casa un regalo inaspettato.
Un ventenne Silvano si presentò nella nuova casa comunicando che si era trasferito in città per seguire l'unversità, nonostante il dissenso familiare, e per stare vicino alla sua adorata.
Per Bianca fu come avere un figlio maschio, tanto desiderato, tanto aspettato.
Cleo e Silvano si sposarono nel 1985, dopo 12 anni dal primo incontro, e domani festeggiano il loro trentanovesimo san Valentino insieme.
Ah sì, hanno anche avuto una figlia che, visto che entrambi non avevano nomi abbastanza particolari, hanno chiamato Selengiulia.


Seya

5 commenti:

la povna ha detto...

Che bellissima storia, Seya.

Amedeo ha detto...

Ho moltissimi brividi. Questa ci voleva, ci voleva proprio. Gazie. <3

seya ha detto...

@'povna e Ame`: Felice di avervi fatto sorridere...peccato che sia una storia vera e che i miei siano convinti che tutte le relazioni debbano essere cosi`...


Seya

MarinaMarea ha detto...

I miei nonni hanno passato finora 61 anni di matrimonio insieme (più il fidanzamento che non so quanto sia lungo), hanno detto "ci vogliamo ancora bene come il primo giorno, anzi forse adesso un po' di più perché sappiamo che ci è rimasto tanto poco da vivere insieme".

Baci

seya ha detto...

@MarinaMarea: ciao, ben arrivata! E' bello sapere che ci sono tante coppie così unite! Certo, 61 anni insieme è davvero notevole! Complimenti ai tuoi nonni..

Seya