lunedì 7 aprile 2014

Spring Awaking

Spring Awaking è un'opera teatrale di tale Frank Wedekind che il Teatro Goldoni di Venezia ha presentato la settimana scorsa in versione musical.
Allegro e frizzante, un pò retro ma con buon aggancio al moderno, racconta le vicende di un gruppo di ragazzi (anni 50-60??) alle prese con il sesso.
In una società in cui istituzioni e famiglie sono chiuse e poco liberali, i ragazzi si rivolgono domande e dubbi e si confrontano con le pulsioni che tutti i giorni agitano i loro animi.
Alla fine della storia, uno dei ragazzi si uccide perchè dilaniato dallo scontro giusto/perverso che è nella sua mente, un altro convince l'amico che l'amore omosessuale è divertente quanto quello eterosessuale, una ragazza è vittima di violenze paterne ma sta zitta per non finire come l'amica, allontanata di casa per vergogna, e una, ingannata dalla madre che non le ha mai spiegato nulla sul concepimento, non solo resta incinta, ma muore durante un operazione di aborto clandestino.

Al di là della storia e della oggettiva bravura dei ragazzi (cast molto giovane e dinamico) che hanno cantato dal vivo (con musica dal vivo) per due ore con salti e balli, la questione resta spinosa nel passato come oggi.

Ho sempre più la sensazione che la sessualità venga presa troppo seriamente fino ad una certa età (8-10 anni), poi alla leggera (fino ai 20-25) per tornare ad essere seri e contriti al riguardo superati i trenta.
Eccezioni escluse ovviamente.
Si pensa che i bambini debbano essere protetti e rassicurati (ma fino a che punto è una protezione e dove diventa un inganno?) che il mostro con un occhio solo (citazione "Runaway bride, ndr) non si occupa dei fanciulli, poi si passa alla fase "oh, mio dio, è meglio che diciamo subito certe cose ai ragazzi prima che ci portino la figlia della vicina incinta a tredici anni" e si chiudono gli occhi su comportamenti e atteggiamenti che andrebbero sorvegliati (non dico corretti, ma in alcuni casi ci starebbe anche). Poi la palla passa ai ragazzi stessi e le famiglie e le istituzioni non fanno più alcun commento.

Io non ho mai ricevuto una vera educazione sessuale, nè a casa (dove è tuttora un argomento simil-tabù), né a scuola dove le timide lezioni di educazione sessuale erano tutte incentrate sul "non fare sesso, che ti viene la gonorrea".
L'ho sempre vissuta male e la vivo ancora male.
Metà dei miei problemi con me stessa derivano da qui ma non ne faccio una colpa a nessuno.
Anzi, cerco di illuminare gli altri perchè non siano restii al contatto fisico quanto lo sono io.
E in questo mio sembrare mai scandalizzata o molto liberale di fronte alle vite sessuali altrui (della serie, mi sorbisco ore e ore di racconti altrui...mi voglio male!), la percezione che ho è che il sesso sembri il grande muro, il grande ostacolo fino alla prima fatidica volta, per poi passare ad un'allegra ginnastica, e finire a ventiquattro anni a dire "Oh, ma non riesco a vivere senza. Sono proprio una puttana!" (frase che ho sentito la settimana scorsa).
Per dover di cronaca, il mio campione non si limita a persone eterosessuali, ma comprende lesbiche/gay e un transessuale.

Se poi c'è di mezzo una relazione seria, il tutto assume necessariamente una visione emblematica.
E' tutto un ripetersi di "se lui mi lecca lì, non ti scoccia che lo dica?, allora vuol dire che mi ama davvero" e "se mi amasse davvero non vorrebbe mai che io la toccassi di dietro".
Quando si è in una relazione, tutto quello che succede tra le lenzuola è commisurato al più o meno amare l'altro.

Ma quand'è che si raggiunge l'equazione, essere porcelli nella nostra stanza da letto (o sull'amaca, o dove si vuole) non influisce sull'amore che proviamo?

Conosco più di tre persone (facciamo cinque considerando i miei genitori) che risponderebbero "quando si è dei pervertiti", dove la peccaminosa parola ha un'orrenda accezione.
A me fa quasi ridere.

Ho provato a chiedere a più di una persona se stessero bene con loro stesse in generale, ma anche riguardo alla loro vita sessuale, e la risposta quasi totale (dove il quasi è influenzato dalla birra e dal linguaggio colorito di certi miei confidenti) è "Io godo".
Della serie, che domanda fai?
Magari ci serve un altro decennio per arrivare a certe questioni.

Morale della favola, il musical è elettrico e dinamico, piacevole da vedere e ottimo spunto di riflessione su un argomento in cui il cervello è sempre l'ultimo chiamato a testimoniare.


Seya

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